Molteplici sono le problematiche da affrontare per riconoscere ai Sinti e ai Rom i diritti di cittadinanza che ogni italiano gode dal momento della nascita ma, ad oggi, rimane inevasa la condizione fondante perché questo avvenga: la partecipazione diretta dei Rom e dei Sinti.
Infatti, le politiche sociali rivolte alle popolazioni Sinte e Rom tendono apertamente all’inclusione sociale, all’integrazione, all’assimilazione. Rare sono le realtà dove le comunità sinte e rom sono considerate protagoniste sociali pensanti e dove sono attuate politiche di interazione, di partecipazione diretta e di mediazione culturale.
Le questioni poste all’ordine del giorno per l’organizzazione della Conferenza sulle Identità Rom e Sinte possono essere avviate e sostenute soprattutto da chi vive all’interno di queste minoranze e ne conosce gli aspetti più intrinsechi.
La predisposizione di una strategia nazionale, di un piano d’azione o di una legge nazionale che abbia successo, passa inevitabilmente attraverso un “cambiamento di metodo” nel recepire e specificare il ruolo attivo, propositivo e decisionale degli stessi Sinti e Rom per evitare gli errori che nel passato hanno condotto al fallimento ogni iniziativa.
Cambiamento di metodo che comporta necessariamente la responsabilizzazione delle professionalità rom e sinte, espresse nel nostro Paese, per coinvolgere attivamente le molteplici comunità rom e sinte alla condivisione del pieno godimento dei diritti.
Cambiamento di metodo che porti tutto il Paese ad una maggiore e migliore conoscenza e comprensione delle culture sinte e romanì, patrimonio dell’umanità, per eliminare xenofobia e conseguente discriminazione che flagella attualmente i Rom e i Sinti in Italia, così come descritto e denunciato dalle maggiori istituzioni europee ed internazionali (Raccomandazione n. 1557/2002 del Consiglio d’Europa, Risoluzione del Parlamento Europeo sulla situazione dei Rom e dei Sinti nell’Unione Europea n.P6/TA-PROV(2005)0151, Carta Europea delle Lingue Regionali o Minoritarie)
Strategia nazionale: piano d’azione o legge nazionale
E’ indiscutibile che ai Rom e ai Sinti deve essere riconosciuto lo status di minoranze etniche linguistiche. Questo riconoscimento si dibatte da alcuni anni inutilmente tra chi propone una legge ad hoc, chi propone di inserire i Sinti e i Rom nella Legge n. 482/1999 e chi chiede che ai Sinti e ai Rom siano concessi pari diritti e pari doveri, attraverso un piano d’azione nazionale.Le esperienze europee in tal senso prevedono diverse opzioni ma è indiscutibile che vi sia una tendenza chiara a: riconoscere lo status di minoranze e attuare piani d’azione a diversi livelli (nazionale, regionale e locale).Inoltre, è da evidenziare che la complessità della realtà Rom e Sinta in Italia necessità di una rete di monitoraggio che offra dati certi, ad oggi inesistenti, da elaborare sia a livello nazionale che a livello locale.Per questa ragione è necessaria la costituzione di un Ufficio Nazionale (un dipartimento a diretta emanazione della Presidenza del Consiglio) e di Uffici Regionali, Provinciali e Comunali per le grandi città. L’Ufficio Nazionale deve essere gestito da Rom e Sinti e deve avere il compito di raccogliere e sistematizzare i dati offerti dagli uffici periferici. Gli Uffici periferici devono altresì essere gestiti da Sinti e da Rom, in stretta collaborazione con le associazioni rom e sinte, sostenendole.
Gli obiettivi degli uffici periferici saranno quelli di:
1. monitorare i bisogni espressi dalle comunità rom e sinte e dalle realtà istituzionali territoriali, raccogliere le buone pratiche realizzate nei singoli territori, suggerire proposte e valutare i progetti in atto;
2. promuovere la diffusione della conoscenza delle culture sinte e rom, contrastare le forme di discriminazione, in collaborazione con le istituzioni e gli Enti Locali;
3. coordinare e monitorare gli interventi degli Enti Locali e delle Istituzioni.
Gli obiettivi dell’Ufficio Nazionale saranno quelli di:
1. raccogliere e sistematizzare i dati offerti dagli uffici periferici e diffondere in tutto il Paese le buone pratiche;
2. elaborare piani d’azione nei diversi ambiti d’intervento (culturale, abitativo, lavorativo, sanitario, sociale, scolastico e formativo) anche proponendo al Governo le necessarie modifiche alle leggi esistenti;
3. coordinare gli interventi dei diversi ministeri interessati, collaborando alla definizione di obiettivi e strategie.
E’ sufficiente il riconoscimento dei Rom e dei Sinti come minoranze linguistiche (estensione della Legge n. 482/1999) o occorre una legge ad hoc?
Le esperienze europee ed in particolare le esperienze italiane di tutela delle minoranze (ad esempio le minoranze tedesche) portano ad affermare che sia necessario un corpus legislativo ad hoc. Infatti, il corpus legislativo italiano è costruito per garantire i diritti ad una maggioranza; perché una minoranza possa godere di tale corpus legislativo, e di conseguenza di pari diritti, sono necessarie delle disposizioni legislative ad hoc.Però oggi in Italia la pregiudiziale conoscenza delle società e culture espresse da Rom e Sinti, l’assenza di dati certi, l’assenza di un monitoraggio partecipato e condiviso dagli stessi Rom e Sinti e non ultimo l’attuale contesto politico non permetterebbero di comprendere i reali obiettivi di un intervento legislativo ad hoc.Pertanto appare opportuno attualmente riconoscere a Sinti e a Rom lo status di minoranze attraverso una modifica della Legge n. 482/99, eliminando il dato territoriale per le minoranze sinte e rom che sono distribuite uniformemente su tutto il territorio nazionale. Come per altro è stato sottolineato anche dal Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Allargo Gil-Robles, nella sua visita in Italia nel giugno 2005, sostenendo nelle sue tesi la necessità di superare la trappola territoritorialista. Inoltre, l’ECRI nel dicembre 2005 ha raccomandato alle Autorità Italiane di estendere a Rom e Sinti la legislazione in vigore, relativa al riconoscimento delle minoranze linguistiche storiche.E’ da sottolineare l’Italia è il Paese europeo che ha la minor presenza di Rom e Sinti, ciò è essenzialmente da imputare alle devastanti persecuzioni attuate dal 1500 e culminate nel periodo compreso tra il 1938 e il 1945, quando lo Stato Italiano e in seguito la Repubblica di Salò promossero una politica razziale che devastò tutte le comunità sinte e rom presenti, il Porrajmos.
Tematica del contemperamento del riconoscimento di diritti con il rispetto della legalità dei comportamenti dei Rom e dei Sinti.
I governi succeduti negli ultimi sessant’anni si sono di fatto disinteressati delle minoranze sinte e rom, se si escludono alcuni interventi nella scuola e nei Comuni sulle iscrizioni anagrafiche. Negli anni Ottanta quasi tutte le Regioni hanno legiferato ma tali provvedimenti dopo un’iniziale interesse sono stati accantonati e oggi, dopo circa vent’anni, accusano una notevole inadeguatezza.
I Comuni a momenti alterni hanno cercato di affrontare le problematiche vissute dalle minoranze sinte e rom, scivolando nella maggior parte dei casi in logiche assistenziali e segreganti, come quelle dei cosiddetti “campi nomadi”.Non ultimo a partire dagli anni Novanta con la dissoluzione della Yugoslavia, fino ad arrivare alla caduta dei regimi comunisti, in particolare quello rumeno, non si è mai governato il fenomeno migratorio, soprattutto nelle grandi città (ad esclusione forse di Firenze).
Era inevitabile che si sarebbero innescate problematiche che avrebbero portato all’attuale situazione securitaria. Infatti, oggi la risposta dello Stato è data dai cosiddetti “patti per la sicurezza” che da come si legge sul sito del Ministero dell’Interno hanno l’obiettivo di contrastare la criminalità[1].
L’intenzione politica è quella di integrare/assimilare (rieducare secondo il Prefetto Serra a Roma) i Rom e i Sinti per inserirli in seguito nella società, di fatto si propugnerà una politica della separazione e della discriminazione. Separazione con la costruzione di mega insediamenti, lontani dai centri abitati (vedi l’esempio di CastelRomano a Roma) e discriminazione con trattamenti differenziali punitivo (vedi l’esempio in via Triboniano a Milano: se un individuo è indagato per furto sarà cacciato in strada con tutta la famiglia, bambini compresi). In questo contesto sarà impossibile contemperare l’acquisizione di diritti con il rispetto della legalità.
Sono necessarie politiche di accoglienza che governino i fenomeni migratori e che sappiano monitorare le presenze, senza scivolare in allarmismi che possano essere strumentalizzati.
E’ altresì fondamentale intervenire, secondo quanto disposto nell’ordinamento giuridico, senza pregiudiziali o finti solidarismi nei casi di reati accertati. Sottolineando che è fondamento giuridico nazionale e internazionale la sola ed esclusiva responsabilità personale di fronte ad un reato contestato e sottoposto ai diversi gradi di giudizio previsti. Di particolare attenzione è la questione dello sfruttamento dei minori che è fortemente condannata da tutte le comunità rom e sinte e che deve impegnare i servizi ad intervenire. In queste particolari occasioni è necessaria la presenza di mediatori rom e sinti che sappiano affiancare i servizi nell’offrire una reale accoglienza alle vittime nella predisposizione di un percorso di recupero.
In questa fase è imprescindibile il coinvolgimento dell’Unione Europea, dei governi e delle associazioni rom e sinte dei Paesi di provenienza per guidare il più possibile i fenomeni migratori e costruire politiche che offrano ai Rom e Sinti europei pari possibilità di sostegno nei loro Paesi.
E’ necessaria una politica che esprima a Rom e Sinti pari dignità di fronte alla legge. Predisporre norme punitive differenziali sarà solo un motivo per acuire il vicendevole disprezzo e fortificare il sistema, reciproco, di gruppi contrapposti.
In ultimo, sarà fondamentale il recepimento completo della Direttiva n. 2000/43/CE e la reale possibilità di contrastare tutte le forme di discriminazioni etniche/razziali, dirette ed indirette, che colpiscono attualmente le minoranze sinte e rom. In particolare sarà necessario inasprire le pene, ad oggi ridicole, e implementare sia le possibilità delle associazioni nel contrasto dei reati che la tutela alle vittime di questi odiosi crimini. L’Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale ed Etnica deve essere in grado di comminare sanzioni, revocare atti amministrativi, disporre risarcimenti e altre forme del danno subito. Inoltre, è necessario rendere indipendente e presente capillarmente su tutto il territorio nazionale l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale ed Etnica (UNAR).
Proposte di soluzione della questione della apolidia di fatto dei Rom ex jugoslavi.
La questione posta è molto complessa perché sono da affrontare diverse problematiche e questioni date da un paese, la ex Yugoslavia, che si è frammentata attualmente in sei nuovi Stati. Questo ha portato alla costituzione di altrettanti ordinamenti giuridici e la perdita di registri anagrafici e altro. E’ da considerare che in Italia, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, sono immigrate famiglie rom che ad oggi non hanno uno status giuridico definito.L’attuale normativa sulla cittadinanza è fondata sull’arcaico principio dello jus sanguinis, in base al quale si è cittadini quando si hanno parenti diretti italiani. In questo modo, le persone nate e vissute nel nostro paese sono considerate straniere e assoggettate alle norme restrittive sull’immigrazione. I Rom subiscono più di altri le conseguenze di queste disposizioni: non sono rari i casi di persone rom espulse e “rimpatriate” verso Paesi di cui non conoscono la lingua, in cui non hanno mai abitato e di cui spesso non hanno la cittadinanza. E’ urgente riformare questa normativa, introducendo il diritto di suolo (chi nasce in Italia ne è per ciò stesso cittadino) e il diritto di residenza (si diventa italiani dopo un congruo periodo di residenza). Il Governo ha già proposto un disegno di legge in questo senso che contiene importanti novità, chiediamo di approfondirle e di discuterle.Inoltre, proponiamo di costituire un Gruppo di Lavoro per affrontare le specifiche questioni legate alla problematica dell’apolidia, tra cui: accesso al lavoro e reati pregressi.
Questione abitativa e campi nomadi.
La questione abitativa è la più dibattuta dagli anni Settanta ad oggi ma ha visto l’esclusione di esperti rom e sinti nella predisposizione delle politiche abitative e di fatto ha portato all’esclusione dalle decisioni le stesse comunità rom e sinte, a cui erano rivolti gli interventi.
Il nostro Paese è stato condannato formalmente dal Comitato Europeo per i Diritti Sociali (CEDS, Consiglio d’Europa), con sentenza resa pubblica del 24 aprile 2006, perchè sistematicamente ha violato, con politiche e prassi, il diritto di Rom e Sinti ad un alloggio adeguato. La logica dei cosiddetti “campi nomadi” viola sistematicamente l’articolo 31 della Carta Sociale Europea e non solo.
Sono necessarie soluzioni flessibili e graduali per uscire totalmente dalle logiche segreganti e ghettizzanti dei “campi nomadi”:
º accesso alla casa popolare anche con assegnazioni, utilizzando gli alloggi di riserva, e attivazione di progetti sociali partecipativi che coinvolgano l’intero nucleo familiare;
º concessioni di mutui a condizioni speciali (tasso di interesse e rateizzazione) per l’acquisto della casa o per l’acquisto e la sistemazione del terreno privato ad uso di una famiglia allargata;
º modifica del Testo Unico 380/2001, inserendo una disposizione che non sanzioni la tipologia abitativa del terreno agricolo privato[2];
º realizzazione di aree di transito attrezzate per la sosta temporanea[3] per le minoranze rom e sinte che svolgono attività lavorative tradizionali e per permettere manifestazioni religiose, culturali e sociali.
Diffusione della conoscenza della cultura Rom e Sinta e impatto sull’opinione:
Gran parte dei pregiudizi e degli stereotipi verso le minoranze rom e sinte derivano dalla assoluta non conoscenza delle culture e dei valori espressi. Inoltre, è da sottolineare l’assenza di comunicazione dei risultati progettuali positivi e dal prevalere di un comportamento generalizzato della stampa che alimenta appunto stereotipi e pregiudizi. Questo porta l’opinione pubblica a posizioni xenofobe e a credere che non esistano valori espressi dalle culture sinte e rom.La diffusione della conoscenza delle culture rom e sinte deve essere una priorità, perché solo diffondendo la conoscenza sarà possibile affrontare politicamente e operativamente le molteplici problematiche vissute oggi nel nostro Paese dalle popolazioni sinte e rom.
Le iniziative da intraprendere sono diverse ne raccomandiamo alcune:
1. costituzione e sostegno di apposite strutture, gestite da Sinti e Rom, per la diffusione capillare su tutto il territorio nazionale della conoscenza sulle culture sinte e romanì, quali centri studi e ricerche, biblioteche, accademie, gallerie espositive, musei, eccetera;
2. sostegno ad iniziative commerciali e non che si pongano l’obiettivo di far conoscere i valori, espressione delle identità sinte e romanì;
3. realizzazione e sostegno di progetti di interazione culturale nella scuole di ogni ordine e grado;
4. realizzazione e sostegno a diversificate iniziative per “Il Giorno della Memoria”;
5. costituzione di un gruppo di lavoro (formato da giornalisti e da esperti sinti e rom) per la stesura di un codice deontologico per la stampa e per la realizzazione di corsi di formazione per i giornalisti;
6. realizzazione e sostegno di comunicazione sociale anche in relazione a progetti di interazione culturale.
[1] Fonte Ministero dell’Interno, http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/notizie/sicurezza/2007_05_18_Patti_sicurezza_Roma_Milano_.html. All’opinione pubblica può quindi sembrare che lo Stato Italiano sostenga la tesi: Sinti o Rom = nomade = zingaro = criminale.[2] Per un approfondimento: http://sucardrom.blogspot.com/2007/07/un-habitat-possibile-per-sinti-e-rom.html[3] Potrebbe essere utile utilizzare anche la Legge n. 337/1968, detta Legge Corona.
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