giovedì 5 aprile 2012

PER IL GOVERNO E ANCORA "EMERGENZA NOMADI" RICORSO CONTRO IL CONSIGLIO DI STATO


Il governo Monti chiede di annullare la sentenza del Consiglio di Stato con cui lo scorso novembre è stata dichiarata illegittima l’emergenza nomadi su tutto il territorio italiano. Il ricorso è stato presentato il 15 febbraio alla Corte suprema di Cassazione dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, nella persona del Presidente del Consiglio, dal dipartimento della Protezione civile, dal ministero dell’Interno e dalle Prefetture di Roma, Napoli e Milano rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato. Secondo il documento “la sentenza del Consiglio di Stato non appare conforme a diritto nella parte in cui ha annullato il D.P.C.M. 21/5/2008 dichiarativo dello stato di emergenza e, di conseguenza, tutti gli atti adottati su quel presupposto”. Secondo il governo, quindi, i motivi del ricorso sono da individuare nell’ “eccesso di potere giurisdizionale” del Consiglio di Stato “per esercizio del sindacato di legittimità esteso alle valutazioni di merito riservate all’autorità amministrativa”, in relazione agli articoli 111 della Costituzione e 110 del codice del processo amministrativo. La sentenza n. 6050/2011 del 16 novembre del Consiglio di Stato sembrava aver messo fine ad una vicenda iniziata con una decisione del Tar del Lazio (n. 6352/2009) che nell’estate 2009 aveva accolto in parte il ricorso presentato dall’associazione per la difesa dei diritti dei rom European Roma Rights Centre Foundation e da due abitanti del Casilino 900, Herkules Sulejmanovic e Azra Ramovic, contestando i rilievi segnaletici, ma sottolineando tuttavia la necessità di “fronteggiare la situazione con mezzi e poteri straordinari”, quindi non accogliendo il ricorso sullo stato d’emergenza. La pronuncia del Tar fu successivamente sospesa per arrivare ad una sentenza del massimo grado della giustizia amministrativa alla fine dello scorso anno. A quanto pare, però, la partita non è chiusa. Secondo i ricorrenti, “la dichiarazione di emergenza è un atto di alta amministrazione”. Per questo, spiega il testo, il ruolo del Consiglio di stato, “non poteva spingersi al di là della verifica di un idoneo e sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell’esistenza di una motivazione che apparisse congrua, coerente e ragionevole”. La dichiarazione dello stato di emergenza, secondo il testo “si fondava su elementi oggettivamente verificabili ponendosi come fase terminale di un’intensa, pregressa, serie di iniziative, non risolutive dei problemi evidenziati, poste in essere in particolare dai Prefetti delle province interessate”. Per tali ragioni, spiega il testo, il decreto del 21 maggio 2008 è “ampiamente motivato” e “certamente legittimo”, poiché l’emergenza, “era radicata su un’oggettiva situazione di pericolo, sotto il profilo igienico sanitario, socio-ambientale e della sicurezza pubblica, connessa all’insediamento, nel contesto urbano e nelle aree circostanti, di baraccopoli e campi abusivi”. Sul mancato preventivo ricorso a misure amministrative ordinarie, sottolineato dal Consiglio di Stato, i ricorrenti affermano che è stata trascurata “la mole di documenti” che dimostrano come le istituzioni centrali e locali stessero potenziando “le forme ordinarie di coordinamento tra gli organi investiti di responsabilità a diversi livelli sul territorio individuando anche la figura di un Commissario straordinario quale strumento idoneo a superare l’emergenza”, mentre gli strumenti ordinari “erano stati adottati infruttuosamente”. Il ricorso è stato presentato alcuni giorni prima della consegna da parte governo italiano alla Commissione europea della strategia nazionale per l’inclusione di rom, sinti e caminanti stilata dal ministro per la Cooperazione internazionale e per l’Integrazione, Andrea Riccardi. Lo stesso ministro, il 24 gennaio scorso nell’annunciare il piano ha affermato che “occorre uscire dalla logica emergenziale ed entrare in una fase di integrazione”. Una posizione ribadita anche nel testo della relazione al Consiglio dei ministri sulla strategia, dove in merito alla questione abitativa si propone il “superamento definitivo di logiche emergenziali”. Sulla questione è intervenuto anche il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, che figura tra i ricorrenti. Ad una interrogazione a risposta immediata (n.3-02153) della deputata dei Radicali Rita Bernardini lo scorso 7 marzo, Cancellieri ha affermato che “non rilevandosi più ragioni per rinnovare lo stato d’emergenza, il governo ha approvato e trasmesso alla Commissione europea un piano contenente una strategia complessiva relativa a rom, sinti e camminanti volta a favorire politiche inclusive di integrazione”. Il Piano, però, tra i fondi necessari alla sua realizzazione, fa riferimento anche a quelli residui stanziati per l’emergenza. Uno degli “assi di intervento” della strategia, infatti, prevede l’attivazione di “Piani locali per l’inclusione sociale utilizzando le risorse provenienti dalla trascorsa emergenza commissariale non impegnate”. Lecito domandarsi, quindi, se tali fondi avanzati verranno ancora destinati all’integrazione qualora la sentenza del Consiglio di Stato venisse annullata.

Nessun commento: