venerdì 21 novembre 2008

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In merito al disegno di legge A.S. 733 (decreto sicurezza) in discussione nel Parlamento Italiano, la Federazione Rom e Sinti insieme pone in evidenza quanto segue.
Permesso di soggiorno ai minori stranieri non accompagnati al compimento della maggiore età
L'emendamento 18.22 al disegno di legge A.S. 733 modifica i commi 1 e 1-bis dell'art. 32 del Testo Unico n. 286/98. In conseguenza di tale emendamento, il rilascio di un permesso di soggiorno al minore straniero non accompagnato che compia 18 anni sarebbe possibile solo a condizione che sussistano contemporaneamente (e non più alternativamente) i seguenti requisiti, ovvero che il minore a) sia affidato ai sensi dell’art. 2 della legge n. 184/1983 o sottoposto a tutela e b) sia entrato in Italia da almeno 3 anni e abbia partecipato a un progetto di integrazione per almeno 2 anni.
Non potrebbe più essere rilasciato, dunque, un permesso di soggiorno ai minori che, pur affidati o sottoposti a tutela, siano entrati in Italia dopo il compimento dei 15 anni e/o non possano dimostrare di aver partecipato a un progetto di integrazione per almeno 2 anni. Questi ragazzi, anche nei casi in cui siano iscritti a scuola o abbiano un contratto di lavoro, alla maggiore età verrebbero espulsi o resterebbero in Italia come stranieri irregolari.
L’esclusione dei minori non accompagnati che sono entrati dopo il compimento dei 15 anni dalla possibilità di ottenere un permesso di soggiorno alla maggiore età introdurrebbe una disparità di trattamento tra i minori stranieri presenti in Italia che non trova un ragionevole fondamento nei principi dell’ordinamento italiano, costituendo una violazione del principio di non discriminazione sancito dall’art. 3 della nostra Costituzione e dall’art. 2 della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Gli effetti di tale modifica normativa, inoltre, sarebbero estremamente negativi, sia rispetto alla tutela dei diritti dei minori, sia rispetto agli stessi obiettivi di promozione della sicurezza che il Governo intende perseguire. L’esclusione dei minori non accompagnati che sono entrati in Italia dopo il compimento dei 15 anni da ogni prospettiva di inserimento legale, infatti, scoraggerebbe questi ragazzi dall’emergere e dal seguire un progetto di integrazione. Se entrerà in vigore la norma proposta, questi minori avranno la consapevolezza che, anche seguendo con impegno un percorso scolastico, formativo e lavorativo e rispettando la legge, comunque alla maggiore età non potranno ottenere un permesso di soggiorno e diventeranno espellibili: saranno quindi spinti a restare nella clandestinità, fuori dal circuito di accoglienza, costretti a vivere in condizioni abitative assolutamente inadeguate (per strada, in baracche, in fabbriche abbandonate ecc.), non andranno a scuola, non avranno accesso ai servizi sanitari e sociali, e molto facilmente finiranno sfruttati nel lavoro nero, nell’accattonaggio, in attività illegali o nella prostituzione minorile.
Le conseguenze pratiche di tale disposizione porterebbero dunque a gravi violazioni dei diritti riconosciuti dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza a tutti i minori che si trovino sul territorio italiano, indipendentemente dalla nazionalità e dalla posizione in ordine al soggiorno (art. 2 Convenzione): i diritti all’accoglienza, all’istruzione, alla salute e alla protezione dallo sfruttamento e più in generale il principio in base a cui il superiore interesse del minore deve essere una considerazione preminente in tutte le decisioni riguardanti i minori (art. 3 Convenzione).
Inoltre, tale modifica normativa avrebbe effetti molto negativi non solo rispetto alla tutela dei diritti dei minori, ma anche per la società italiana, in quanto con tutta probabilità si verificherebbe un aumento del numero di minori sfruttati o comunque impiegati in attività illegali.
In secondo luogo, i percorsi di integrazione di tutti quei minori che avranno scelto di restare comunque nelle comunità d’accoglienza e di seguire i progetti di inserimento scolastico e formativo, pur non avendo il requisito dell’ingresso da almeno 3 anni, sarebbero bruscamente interrotti alla maggiore età: ciò rappresenterebbe per lo Stato italiano un assurdo spreco delle risorse economiche ed umane investite per l’integrazione di questi minori.
Tale norma, infine, può costituire un incentivo a un’immigrazione in età sempre più precoce: se l’ingresso in Italia da almeno 3 anni sarà un requisito necessario per restare regolarmente dopo la maggiore età, molti bambini e genitori saranno probabilmente spinti ad anticipare la migrazione verso l’Italia prima dei 15 anni. Quando tale requisito fu introdotto dalla legge n. 189/02 e per un certo periodo prevalse l’interpretazione per cui i minori che erano entrati in Italia da meno di 3 anni non potevano in alcun caso ottenere un permesso di soggiorno alla maggiore età, secondo la testimonianza di numerosi operatori si assistette effettivamente a un abbassamento dell’età media di arrivo.
Questo avrebbe gravi conseguenze rispetto alla tutela dei diritti dei minori, in quanto trovarsi senza i propri genitori in un paese straniero è evidentemente causa di assai più grave pregiudizio per un bambino di meno di 15 anni che non per un ragazzo più grande.
L’obiettivo della modifica proposta sembra essere quello di scoraggiare gli ingressi di minori non accompagnati. Dai dati disponibili, tuttavia, risulta che il numero di minori non accompagnati presenti in Italia non ha subito rilevanti variazioni nell’ultimo decennio, a fronte di modifiche in senso più o meno restrittivo delle norme e delle prassi relative al rilascio del permesso ai 18 anni: tra i momenti in cui è stato sostanzialmente bloccato il rilascio del permesso di soggiorno alla maggiore età e i momenti in cui è prevalsa l’interpretazione meno restrittiva della legge, non si sono registrate significative variazioni nel numero di minori non accompagnati che arrivavano nel nostro paese.
Dall’esperienza di questi anni è ormai chiaro che tali modifiche hanno un impatto non tanto sulla scelta se emigrare o meno in Italia, quanto sull’età della partenza e soprattutto sul percorso in Italia. Se sarà approvata la norma proposta, probabilmente non si avrà una reale riduzione del numero di minori non accompagnati che arriveranno in Italia, ma si registrerà un abbassamento dell’età media, con una più elevata proporzione di minori di età inferiore ai 15 anni tra i nuovi arrivi. E, soprattutto, si avrà un forte aumento del numero di minori che resteranno nella clandestinità, sfruttati in circuiti di marginalità e illegalità, e senza accesso a quei diritti (all’accoglienza, alla salute, all’istruzione ecc.) che la Convenzione ONU riconosce a tutti i minori.
La Federazione Rom e Sinti insieme auspica che l’emendamento 18.22 NON venga approvato, e che siano pienamente applicate le vigenti disposizioni di cui all’art. 32 Testo Unico n. 286/98, conformemente alla giurisprudenza in materia della Corte Costituzionale e del Consiglio di Stato.
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ACCESSO ALLE CURE MEDICHE DEGLI EMIGRATI



La Federazione Rom e Sinti insieme
esprime profonda preoccupazione per la gravità della proposta, avanzata da alcuni senatori in sede di esame del DDL 773, di modificare l'attuale art. 35 del D.Lgs 286/98, mettendo in serio pericolo il principio costituzionale di accesso alle cure mediche. In particolare si sottolinea come la previsione di sopprimere la gratuità della prestazione urgente o essenziale erogata agli stranieri non iscritti al servizio sanitario nazionale e privi di risorse economiche sufficienti, si ponga in contrasto irrimediabile con l'art. 32 della Costituzione, che tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, garantendo cure gratuite agli indigenti.
La proposta di obbligare le autorità sanitarie a segnalare alle autorità competenti gli stranieri che non paghino la prestazione, ancorché indigenti, nonché l'abrogazione della disposizione di legge contenuta al comma 5, ove si garantisce che l'accesso alle cure mediche non debba comportare alcuna segnalazione, salvo i casi di obbligatorietà del referto, a parità di condizioni con i cittadini italiani, produrrebbe effetti gravissimi non solo sulla salute di ogni singola persona ma anche su quella pubblica in generale.
La norma così modificata agirebbe infatti come fortissimo elemento di dissuasione nei confronti degli stranieri che, per i motivi più diversi, possono trovarsi non in regola con le norme sul soggiorno, spingendoli a non rivolgersi alle cure del servizio sanitario nazionale, con conseguente inaccettabile lesione del diritto di ogni soggetto alle cure, affermato dal dettato costituzionale e dalla relativa e costante giurisprudenza.
Gli stranieri verrebbero quindi sempre più marginalizzati, costituendo facile bacino di interesse e lucro in relazione alla loro difficile condizione. Inoltre non devono essere sottovalutate le potenziali ma assai gravi ricadute che la misura potrebbe avere sulla salute pubblica, determinate dall'aumento del rischio di diffusione nella trasmissione di patologie varie, a causa della presenza sul territorio di persone che rimarrebbero prive di cure adeguate.
La Federazione Rom e Sinti insieme rivolge un forte appello a tutte le forze politiche affinché il Parlamento respinga con decisione la citata proposta emendativa all'art. 35 del Dlgs.286/98.
La Federazione Rom e Sinti insieme auspica invece l'accoglimento della proposta, avanzata da alcuni senatori in sede di conversione del DDL 773, di prevedere che, in conformità con la Convenzione ONU di New York del 20.11.1989 sui diritti del fanciullo, ratificata dall'Italia con L. 176/91, e fermo restando il disposto dell'art. 35 del D.Lgs 286/98, ogni minore straniero abbia pieno diritto di usufruire delle prestazioni mediche pediatriche a prescindere dalla regolarità del soggiorno.
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CLASSI D'INSERIMENTO

“ Classi di inserimento” - Inserimento alunni stranieri nelle classi"
In relazione alla mozione approvata il 14 ottobre 2008 dalla Camera dei Deputati nell’ambito del Decreto di Legge n. 137 del 1° settembre 2008, la Federazione Rom e Sinti insieme esprime contrarietà a qualsiasi forma di separazione fra gli alunni della scuola pubblica italiana su base etnica, sia che questa separazione avvenga in “classi di inserimento”, sia che si espliciti sotto qualsiasi altra forma di discriminazione, anche se definita “positiva e transitoria”.
Tale mozione è in assoluta controtendenza con la cultura d’integrazione della scuola italiana, la quale ha nel tempo maturato metodi, strategie e supporti che la rendono unica nel panorama europeo e mondiale nel campo della formazione e della istruzione.
Nelle “classi di inserimento” l’aggregazione di alunni di diversa provenienza culturale e di diversa età anagrafica rischia di fatto di “segregare” gruppi di bambini ed adolescenti, tra l’altro per periodi di tempo indefiniti.
Come sarà possibile integrare in contesto di apprendimento alunni che, pur avendo imparato tecnicamente la lingua italiana, nulla hanno vissuto dell’aspetto relazionale-affettivo che è sempre implicito in un percorso di apprendimento/insegnamento?
Di fatto, l’acquisizione della lingua avviene nel contesto della relazione interpersonale e di gruppo che caratterizza una classe scolastica.
La ferma contrarietà della Federazione Rom e Sinti insieme si estende anche alla possibilità, anch’essa prevista dalla suddetta mozione, di non consentire in ogni caso ingressi nelle classi ordinarie oltre il 31 dicembre di ogni anno. Si tratta di una scelta che va contro la Convenzione dei diritti dell’infanzia e la Costituzione Italiana, che sanciscono il diritto soggettivo dei minori presenti sul territorio nazionale a frequentare la scuola pubblica.
La Federazione Rom e Sinti insieme esprime la propria contrarietà alla previsione di insegnamenti speciali per gli alunni stranieri.
Nel ribadire la ferma disapprovazione sui contenuti della mozione la Federazione Rom e Sinti insieme propone alcuni elementi utili ad avviare o consolidare nella scuola una piena integrazione:
1.
considerare le sperimentazioni già in atto (sostenute tra l’altro da Amministrazioni Comunali, Provinciali e Regionali) nell’ambito delle quali il problema della lingua viene affrontato e risolto, senza privare gli alunni di un processo di apprendimento;
2.
monitorare tali esperienze per diffonderle più estesamente, facendo attenzione a rispettare i diversi contesti ambientali;
3.
usare le discipline scolastiche come strumento per un’educazione alla conoscenza che tenga conto dell’ampiezza e dell’estensione dei saperi, nonché delle interconnessioni che esistono in tutti i campi delle attività umane;
4.
attivare concretamente l’inserimento e il successo scolastico di tutti gli allievi creando allo stesso tempo spazi di coesistenza educativa, mettendo in grado tutto il personale della scuola, in particolare i docenti, di far ricorso a nuovi strumenti professionali e di apprendere, attraverso un’adeguata formazione, modalità metodologiche/comunicative che tengano conto di tutte le diversità presenti nelle classi;
5.
attivare laboratori di sostegno linguistico anche fuori orario di scuola, ma ad essa organicamente agganciabili, in collaborazione con organismi e strutture dell’extrascuola specializzati;
6.
mettere a disposizione delle scuole le risorse finanziarie necessarie per attuare tali percorsi.
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