venerdì 18 luglio 2008

LAVORO/HABITAT DEI POPOLI SINTI E ROM IN ITALIA




IL POPOLO DEI SINTI:

LAVORO:

Per tutti i popoli del mondo il Sinto non lavora ed sempre disoccupato.

I Sinti di tutto il Mondo, nella più remota storia hanno sempre lavorato, praticando dei lavori tradizionali, tramandati da generazioni dai propri avi, il lavoro più storico e significativo e quello del spettacolo viaggiante, come il Circense e il Musicista.
Il lavoro dei Sinti era acquisito dall’esperienza tramandata dagli avi, qualsiasi lavoro praticato era senza nessun tipo di documento o laurea, senza nessuna assunzione diretta e duratura.
Il lavoro praticato all’epoca dai Sinti era;
Musicisti, Liutai, Pittori, Giostrai, Circensi, Ferraioli, Venditori ambulanti, Commercianti di Cavalli, Orafi, Aggiustatori di Pentole ecc. Clown, Saltimbanchi, Domatori d’orsi, ecc, Mangiatori di Fuoco, Costruzione di Cesti, Sedie, Borsoni, Fiori intagliati dai rami e tanti altri.
Il loro lavoro durò finche dei Principi, non schiavizzarono tutti i Sinti e i Rom che si trovavano nei loro territori, questo soltanto per non retribuire il meritato compenso alla loro manodopera, i più richiesti all’epoca erano i Fabbri, per la loro formidabile abilità nella costruzione della armi bianche, “coltelli, spade, balestre ecc,” e i Musicisti, Racconta fiabe, Burattinai per i loro divertimenti.
All’epoca, tutti i Sinti dovettero nascondere la loro bravura nel lavoro tradizionale, cercando altri lavori che non destavano nessun tipo d’interesse ai Principi.

Le attuali attività svolta all’epoca, grazie all’evento dell’Industrializzazione dell’Urbanizzazione e della radicale trasformazione dell’economia e per motivi riguardante la storia…La richiesta dei lavori tradizionali Sinti, cesso immediatamente, le attività economiche delle famiglie Sinte sono estremamente varie e mutevoli: cioè sono plurime in un dato momento per il medesimo individuo, e tanto più lo sono per l’insieme degli individui che cambiano nel tempo.
Gli individui agiscono all’interno della famiglia che è agente nei rapporti interni ed esterni al proprio gruppo sociale. Nella cultura Sinta il lavoro è inteso come collaborazione tra i singoli individui che appartengono sia al nucleo familiare sia alla famiglia allargata.
Grazie ai divieti di sosta alle carovane, camper e nomadi,

( il divieto di girovagare e accamparsi nelle svariate regioni d’Italia. )
Causò danni irrimediabili per i popoli dei Sinti, esempio, come non esercitare il lavoro tramandato dai propri avi.
Negli archi degli anni i Sinti sono stati costretti, obbligati a cambiare i lavori tradizionali, storici in lavori nuovi, come il commerciante di automobili, il raccoglitore di ferro vecchio e la loro vendita, pulizie, la vendita bonsai, bottiglie di vetro modellate a fuoco ecc.

Pochissimi Sinti oggi stanno praticando il proprio lavoro tradizionale, i più storici che resistano ancora, oggi sono i mestieri dello spettacolo viaggiante il Circense, il Giostraio, il Musicista e il Venditore Ambulante, (centrini, calze, scope, fiori, ecc.) la maggior parte, tutti lavori praticati in nero.
Tutti questi mestieri sono concepiti come “vendita (di beni e servizi) a clienti”. Oltre alla significativa connotazione commerciale, ciò che contraddistingue le attività economiche dei Sinti è la loro pluralità, connessa al luogo, al momento, all’occasione/opportunità. Sebbene esistano tendenze proprie del gruppo di appartenenza, chiunque può sviluppare attività diverse. Per esempio, un Sinto può vendere frutta in estate, recuperare e vendere ferri vecchi in autunno, ecc.

A differenza della cultura maggioritaria (in senso numerico) nella cultura Sinta il lavoro non assume una valenza sociale.
Non essere un lavoratore dipendente permette di non rimanere eccessivamente coinvolto in un universo estraneo; permette cioè di non avere una vita troppo condizionata dall’esterno. E stato scritto che il Sinto o il Camminante può essere povero, ma mai proletario…
Per una famiglia Sinta che esercita o sceglie di esercitare un mestiere, ciò che in primo luogo assume importanza è il modo di esercitarlo. Questo fa sì che la scelta delle attività sia sempre il risultato di un compromesso fra la necessità di avere una fonte di reddito e l’aspirazione a mantenere uno stile di vita in un contesto mutevole.
Da sottolineare la ricerca condotta dalla Mantovana ”Associazione senza Frontiere”, con il supporto dell’Associazione Sucar Drom, (MN) si è rilevato:
“La cultura Sinta non appare generalmente compatibile con un inserimento occupazionale secondo l’onere di una prestazione lavorativa giornaliera da portare avanti per un numero costante di ore alle dipendenze di terzi. Le attività tipiche dello spettacolo viaggiante o della lavorazione dei metalli al servizio del territorio di volta in volta esplorato, mostrano semmai un’identità socio-culturale più vicina ad un’organizzazione autonoma dei tempi e delle risorse quotidiane, per certi aspetti non compatibile con la progettualità acquisitiva, accumulativa e “sacrificale” tipica del capitalismo.(…) Rispondere alle principali esigenze manifestate dalla comunità Sinta vuol dire allora garantire ai diversi nuclei familiari nuove possibilità d’autonomizzazione professionale compatibili con la propria identità culturale”.
La ricerca prosegue rilevando: “l’importanza di recuperare le professionalità perdute quali spettacolo viaggiante, raccolta di materiali dimessi, ambulantato. (…) che in ogni modo devono essere coordinate e supportate (almeno in una fase iniziale n.d.r.) dalle varie agenzie pubbliche e private presenti sul territorio”.
Anche se gli Enti Locali chiedono il superamento dell’assistenzialismo, inteso come insieme d’interventi e supporti economici, di diversa natura, dal quale da anni dipendono le famiglie Sinte.
Oggi e cambiato pochissimo per il popolo dei Sinti, ancora oggi e difficile che qualcuno assume un Sinto alle proprie dipendenze, in tutta l’Italia, sono poche le persone che danno un opportunità lavorativa, dando un lavoro che un qualsiasi cittadino “non Sinto” svolge.
Ci sono tantissime realtà, che inducono a pensare, a dichiarare con la certezza assoluta, che un lavoro concreto, con un assunzione regolare per il popolo dei Sinti non c’e’, è non c’e’ per svariati e molteplici motivi.La famiglia…Scopo principale nell’etnia Sinta, La fiducia, l’ostilità, l’etnia Sinta, la diffidenza, la reputazione di delinquere, la difficile convivenza con il chiuso, scarsa esperienza in certi settori lavorativi, mancanza di licenze, diplomi, la diversità di Tradizioni, Culture, Usi e Lingue, la discriminazione, l’odio razziale, e altre cento, mille ragioni
Dopo quest’attenta valutazione e ricerca compiuta da anni, dopo avere trovato la certezza sicura del perché i Sinti non riescono a lavorare, né con il proprio lavoro tradizionale, e nemmeno con un qualsiasi altro lavoro! il perchè di tutte le difficoltà ad inserirsi in un lavoro nuovo che un qualsiasi cittadino sta praticando, dopo la scoperta dei molteplici motivi Concreti, Reali e diversi fra loro.
Si è stabilito che per dare una svolta concreta alle famiglie Sinte, a far sì che la maggior parte dei Sinti in Italia, riprenda a lavorare con il proprio lavoro tradizionale.
Si deve avvantaggiare il lavoro che tanti Sinti stanno praticando con un grandissimo successo oggi in tutta l’Italia, riproponendo e favorendo i seguenti lavori tradizionali e non;

Raccolta di ferro vecchio, Vendita a mercati di prodotti alimentari o non alimentari, con posti agevolati alle piazze di mercato, a chi ne fa richiesta, Vendita itinerante di prodotti con furgoni attrezzati, Chioschi, fissi o mobili di vendite varie, in tutto il territorio Comunale, Provinciale e Regionale, Arrotini, Sartoria, Lucidatori di qualsiasi metallo, Circense, Giostraio, Clown e animatori, Musicisti – portatori di musiche tradizionali tramandate da generazioni.

Ecco che, al fine di garantire il diritto al lavoro la popolazione Sinta, si deve promuovere adeguate iniziative per agevolare la concessione delle licenze e delle certificazioni relative all’esercizio di attività produttive, tutto per favorire le attività tipiche dei Sinti, che si debba valutare la possibilità di creare
dei permessi “anche provvisori”, degli aiuti economici per incominciare l’attività scelta dal singolo individuo o famigliare.
Ma l’importanza fondamentale e che prima di intraprendere qualsiasi iniziativa riguardante un lavoro per un Sinto, si debba intraprendere un dialogo con i diretti interessati.
Perchè fin ora la società maggioritaria, invece di cercare l’interazione, di cercare un cambiamento reciproco lavorando insieme, ha sempre cercato un’integrazione, causando un rifiuto totale alle scelte imposte.

Il che vuol affermare che oggi devono essere i Sinti parte proponente dei progetti di lavoro riguardante gli stessi, per far sì che tali lavori portino ad un futuro d’inserimento duraturo nella struttura sociale.
Permettendo che…questa minoranza nei secoli ha subito crudeli e vergognose persecuzioni, che ancora oggi continuano a manifestarsi, anche tramite i mas media.
Per cui dovremmo dare la possibilità a questo Popolo “non riconosciuto” di poter finalmente decidere il proprio futuro lavorativo.

HABITAT.
Per migliorare la condizione abitativa e l’inserimento della comunità Sinta.
Tenendo presente che i Sinti hanno vissuto per centinai d’anni nella libertà di movimento e di sosta, e che nonostante le persecuzioni e tentativi di integrazione nei secoli hanno continuato a praticare questa vita girovaga, di vivere una libertà di movimento con tutta la famiglia, ed avendo un forte senso di appartenenza alla famiglia, che vuol dire vivere con i famigliari le fasi di vita, per cui cercare un integrazione abitativa forzata vuol dire cancellare un identità e creare una situazione di disaggio sia per il popolo dei Sinti che per i non Sinti, per la non conoscenza delle reciproche Tradizioni Culture ecc, ( l’alloggio diventa per i Sinti un punto d’incontro per la famiglia, per cui si trovano spesso situazioni di riunioni famigliari, che tante volte non vengono vista positivamente per la presenza di altri nuclei famigliari all’interno dell’alloggio, l’adattamento alle regole condominiali e spesso conflittuale perchè chi a vissuto in un regime di libertà d’espressione e movimento, gli diventa difficile un adattamento immediato) ciò nonostante con un po’ di pazienza e di sopportazione abbiamo visto che la maggior parte dei casi, tutto sommato i Sinti si sono adeguati alle regole.
Rinunciando alla propria d’identità con problemi di depressione e incomprensioni famigliari.

CAMPI NOMADI:

In Italia nato all’inizio degli anni Settanta.
Il “campo nomadi” ha fallito essenzialmente il suo obiettivo di offrire un habitat dignitoso per queste famiglie.
Per la popolazione maggioritaria italiana il “campo nomadi”, era ed è ancora oggi la soluzione ideale per il popolo dei Sinti, mettere tutti insieme, uno sopra l’altra tutte le famiglie Sinte, con la convinzione certa che sia una soluzione ideale, senza rendersi conto che hanno creato soltanto dei Ghetti incredibili, che i campi nomadi sono portatori di delinquenza, creatori dei mali di tutti i Sinti, non solo ma anche per la popolazione maggioritaria che vive nei appartamenti vicino ad essi.

Inoltre, è da sottolineare che il Comitato Europeo per i Diritti Sociali, organismo del Consiglio d’Europa, ha condannato formalmente l’Italia sulla politica abitativa dei cosiddetti “campi nomadi”, identificando tre distinte violazioni della Carta Sociale Europea Revisionata, sottoscritta dal nostro Paese.Nella sentenza resa pubblica il 24 Aprile 2006, i CEDS ha decretato che le politiche abitative sviluppate per Rom e Sinti in Italia puntano a separare questi gruppi dal resto della società italiana e a tenerli artificialmente esclusi. Bloccano qualsiasi possibilità d’interazione e condannano i Rom e i Sinti a subire il peso della segregazione su base razziale. Il Reclamo Collettivo dell’ERRC paventava presunte violazioni dell’articolo 31 della Carta Sociale Europea, indipendentemente o letto congiuntamente al principio di non discriminazione previsto dall’articolo E.Chiamato a rispondere sul Reclamo Collettivo presentato dall’ERRC, il CEDS, dopo aver esaminato la difesa del Governo Italiano ha deciso:1. unanimemente che l’inadeguatezza dei campi sosta per Rom e Sinti costituisce una violazione dell’articolo 31(1) della Carta, letto congiuntamente all’articolo E2. unanimemente che gli sgomberi forzati e le altre sanzioni ad essi associati costituiscono una violazione dell’articolo 31(2) letto congiuntamente all’articolo E3. unanimemente che la mancanza di soluzioni abitative stabili per Rom e Sinti costituisce una violazione dell’articolo 31(1) e dell’articolo 31(3) della Carta, letti congiuntamente all’articolo E.Tale condanna dovrebbe far riflettere perché l’Italia è l’unico Paese europeo che “concentrato” le popolazioni sinte e rom in luoghi definiti e in alcuni casi sorvegliati, così come avveniva in Europa durante il periodo nazi-fascista. Infatti, il nostro Paese è oggi identificato in Europa come “il paese dei campi”.

Oggi la gestione di un campo nomadi di proporzioni normali in una città media, adopera la mano d’opera di moltissime persone, di lavorare in circostanze non favorevoli né per i Sinti e né per i diretti dipendenti, la spesa di gestione e mantenimento di un campo nomadi, può essere a volte molto elevata.
Le problematiche che porta un campo nomadi sono enormi:
come la mancata sicurezza, la paura quotidiana del vicinato, l’immondizia, il caos, intolleranza fra Sinti e Gage, la perdita delle Tradizioni, Culture Usanze e Lingue dei Sinti in questione.

LA MICROAREA:



La microarea e un’area predisposta soltanto per una famiglia allargata Sinta, composta di genitori, figli e nipoti, dove nessun altra famiglia Sinta o qualsiasi, può introdursi, se non chè abbia un permesso speciale dalla famiglia residente e stabile nella microarea, la micro e un area di sicurezza, di pulizia, una area dove si può salvaguardare la propria Tradizione, la propria Cultura, l’Usanza e la propria Lingua madre…il “Sinto”, tutto questo in una micro si può, perchè è composta da una sola famiglia, allargata con un “capo famiglia” (quasi sempre, Nonno o Padre) temuto e rispettato da tutta la propria famiglia.
All’contrario del campo nomadi, con le molteplici problematiche, da l’impossibilità a un capo famiglia di farsi rispettare dagli abitanti del campo nomadi. La microarea da di sicuro la sicurezza che in un campo nomadi e difficile avere, in più porta zero criminalità, più sicurezza perchè facile da tenere sotto controllo, più pulizia, più tolleranza, più lavoro, zero spese di gestione o di qualsiasi altra spesa al Comune, Provincia, Regione poi addebita al contribuente maggioritario cittadino Italiano, meno popolazione Sinta ammassata in un solo luogo.

Ed e perciò che i Sinti devono trovare una sistemazione sicura, stabile, duratura e più adeguata ai loro Usi, Costumi, Tradizioni, Culture, Religioni e Lavori propri, la microarea.
Per arrivare ad un miglioramento concreto e visibile, hanno la necessità urgente ad stabilirsi definitivamente, in un area attrezzata di tutti i servizi occorrenti ad migliorare la loro condizione di vita.
Perciò l’urgenza primaria e la costruzione immediata delle microaree per le famiglie allargate,
attrezzate di case prefabbricate di una qualità ottima e duratura, con le relative utenze come, servizi igienici, impianti di riscaldamento, allacciamenti gas, acqua, energia elettrica, fognature e cassonetti per i rifiuti.
Tutte gli allacciamenti delle utenze fornite dal comprensorio Comunale e Private, compreso l’Affitto del Prefabbricato, dovranno essere pagate con delle regolari bollette, ad ogni singolo individuo Sinto italiano, come ha un qualsiasi altro cittadino italiano che abita in un normale condominio.
Tali strutture devono essere realizzati e costruiti insieme agli diretti interessati del posto, (Sinti) dove essi hanno la loro regolare dimora e residenza, indi ad evitare qualsiasi forma di emarginazione e discriminazione razziale, tali costruzioni dovranno essere collocati nelle vicinanze dei centri abitati, con l’intento ad facilitare l’accesso ai servizi pubblici, e alla partecipazione diretta degli utenti alla vita sociale, per favorire e migliorare le condizioni del lavoro, sia tradizionale che quello occasionale, e facilitare l’inserimento scolastico dei bambini Sinti.
Senza però sottovalutare la libera scelta per chi desiderasse andare a vivere negli alloggi popolari, in tal caso i diretti interessati ( Sindaci, Assessori e qualunque persona fosse incaricato a tali incarichi) devono intraprendere subito le eventuali provvedimenti ad non ostacolare tali iniziative.

Da notare e da prendere in seria considerazione che con la realizzazione delle microaree famigliari allargate, di misure non superiori ai metri quadri 2.500 e non inferiori ad metri quadri 1.000 (secondo i nuclei famigliari)
porterebbe non soltanto all’eliminazione totale dei campi nomadi, “che per il popolo dei Sinti sinonimo di reclusione, campo di concentramento, ghetto dove nessun essere umano dovrebbe vivere”, e per la popolazione maggioritaria , Comune, Provincia e Regioni, soltanto creatore di problemi catastrofici”,
Ma bensì, porterebbe migliore fiducia, più sicurezza e una migliore convivenza reciproca fra Sinti e la popolazione maggioritaria.

TERRENI AGRICOLI DI PROPRIETA’ PRIVATA

In Italia moltissime famiglie Sinte (in prevalenza: Sinti Piemontesi, Estrekarjia, Lombardi, Veneti, Gackane, Emiliani e Marchigiani; hanno superato le logiche segreganti, discriminanti dei cosiddetti “campi nomadi”, acquistando dei piccoli appezzamenti terreni agricoli, dove vivono con le proprie abitazioni: le roulotte e le case mobili.Questa tendenza inizia negli anni Ottanta ed esplode in un decennio. Centinaia di famiglie, con enormi sacrifici economici, acquistano terreni agricoli di circa dai 1000 / 3000 mq. In particolare questa tipologia abitativa è propria dei Sinti Italiani.

Il vivere in roulotte è dettato da due principali motivazioni:

1) L’attività lavorativa, che per i Sinti Italiani è sempre stata quella dello spettacolo viaggiante.
2) La coesione familiare, data da una serie di valori e norme che impongono una forte solidarietà all’interno della famiglia allargata e che implicano in alcuni casi lo spostamento anche per periodi medio - lunghi (es. in caso di bisogno di un componente della famiglia allargata che abita in altra località).

Inoltre, da alcuni anni si è costituita la Missione Evangelica Sinta che raduna migliaia di Sinti Italiani in convegni religiosi, nel periodo compreso tra la fine e l’inizio dell’anno scolastico. Centinaia di famiglie che si spostano con le proprie abitazioni da una città all’altra portando il messaggio evangelico.Il piccolo terreno è in definitiva la risposta che le Minoranze Italiane Sinte hanno dato alla logica del “campo nomadi”, sempre più vissuto come “ghetto” o “riserva indiana”.
Dagli anni ’80, migliaia di famiglie Sinte, sia per riuscire a scappare dal campo nomadi, che per avere qualcosa di suo, da poter un giorno lasciare ai propri figli, con mille difficoltà e sudori acquistano un terreno agricolo,

(agricolo è poco oneroso a livello finanziario, pochissime sono le famiglie che possono permettersi l’acquisto di una casa o di un terreno edificabile con il lavoro precario che hanno)

pagandolo a rate mensilmente, un terreno agricolo di propria proprietà, dove poter vivere decentemente con la propria famiglia (genitori figli e nonni) con la roulot o una casa mobile.
All’epoca la legge permetteva ad una roulotte di poter sostare in un terreno agricolo oggi questa tipologia abitativa rischia è entrata in crisi a causa della nuova legislazione in materia di edilizia.
Il Testo Unico n. 380/2001, in materia di edilizia, decreta in maniera inequivocabile che una roulotte abbisogna di concessione edilizia (articolo 3/e/5). Prima dell’introduzione di questa norma la concessione edilizia era necessaria solo per quei manufatti che, ancorati in modo permanente al suolo, modificavano l’assetto del territorio.In Italia il legislatore, dal 1942, si era preoccupato in modo esclusivo di quei manufatti fissati al terreno, cercando di arginare il fenomeno “selvaggio” dell’abusivismo edilizio. Anche la Legge n. 47 del 1985 non riconosceva alla roulotte la configurabilità di abuso edilizio.E’ nel luglio 2000 che la roulotte è indicata come possibile abuso edilizio. La Suprema Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, con sentenza n. 12128/2000 indica per la prima volta la roulotte ad uso abitativo come abuso edilizio.La roulotte costituisce abuso edilizio nel caso abbia solo la parvenza di mobilità -in quanto il prefabbricato è invece stabilmente incardinato al suolo con accorgimenti tecnici per garantirne la stabilità- in modo tale che è da considerarsi una vera costruzione che modifica -sia pure lievemente, ma durevolmente - l'assetto del territorio.

Senza però valutare e tener conto che la roulot o la casa mobile per il popolo dei Sinti e a tutti gli effetti la propria Casa, un involucro dove vive con la propria famiglia da generazioni, tramandando senza difficoltà tutte le tradizioni.
Ecco chè il terreno agricolo, l’unica soluzione abitativa propria, che poteva portare alla salvezza, non solo della famiglia, ma soprattutto della Tradizione, cultura, usanza e lingue del popolo dei Sinti, se non ci sarà presto un modifica, il terreno privato per i Sinti non potrà più essere la soluzione ideale, dove si poteva insegnare le proprie tradizioni.

Il governo, per migliorare la vita dei Sinti, per la chiusura totale dei campi nomadi…dovrebbe incentivare la realizzazione delle microaree per famiglie allargate, (non più di dieci nuclei) la concessione agevolata e prioritaria degli appartamenti a tutte le persone Sinte che ne fanno richiesta, (zenza ostacolare e impedire tale decisione d’abitazione) è di inserire una modifica al Testo Unico 380/2001 e alle conseguenti Leggi Regionali, in modo tale che ogni Comune debba comprendere nel proprio piano regolatore (la dicitura cambia da Regione a Regione) la possibilità di rendere fattibile l’insediamento su terreni, acquistati con proprie risorse, delle famiglie Sinte almeno per lo 0,5 per mille (dato da verificare in tutta l’Italia) delle aree agricole su un dato territorio.Ciò permetterà una sanatoria a tutte le situazioni preesistenti e la possibilità futura per altri insediamenti. Si consideri infatti che questa modalità abitativa è stata la risposta delle Minoranze e Sinte ai processi di segregazione e di assistenzialismo propri dei cosiddetti “campi nomadi”.

...

IL POPOLO DEI ROM:

CAMPI NOMADI:

Appena arrivati in Italia, il popolo dei Rom, (anche se estranei a tale habitat) furono subito portati all’interno dei campi nomadi, attrezzati di roulot o case mobili, (i più fortunati- altri si dovettero arrangiarsi sotto i ponti ecc. e nelle costruzioni delle baraccopoli, fatti di cartone e lamiere “causa principale la povertà” senza acqua, energia elettrica, sprovvisti di qualsiasi servizio indispensabile ad qualunque essere umano)

la popolazione maggioritaria italiana ha trovato la soluzione ideale per il popolo dei Rom “il campo nomadi,” persone che non si conoscevano, di religione e lingue diverse, si potevano parlare soltanto in dialetto “romanes”, ance se arrivavano da nazioni diversi, li mettevano tutti insieme, uno sopra l’altra, senza interessarsi se erano “ Bosniaci, Kossovari, Macedoni, Istriani, Krovati ecc.” Sinti, Rom, Gage ecc, furono subito bollati come zingari. ( Sinonimo dispregiativo e razziale) La loro solo convinzione certa, era che il campo nomadi sarebbe stata la soluzione ideale, senza rendersi conto che hanno creato soltanto dei Ghetti incredibili, che i campi nomadi sono portatori di delinquenza.


Anche se l’Italia e ben conscia che il Comitato Europeo per i Diritti Sociali, organismo del Consiglio d’Europa, ha condannato formalmente l’Italia sulla politica abitativa dei cosiddetti “campi nomadi”, identificando tre distinte violazioni della Carta Sociale Europea Revisionata, sottoscritta dal nostro Paese.Nella sentenza resa pubblica il 24 Aprile 2006, i CEDS ha decretato che le politiche abitative sviluppate per Rom e Sinti in Italia puntano a separare questi gruppi dal resto della società italiana e a tenerli artificialmente esclusi. Bloccano qualsiasi possibilità d’interazione e condannano i Rom e i Sinti a subire il peso della segregazione su base razziale. Il Reclamo Collettivo dell’ERRC paventava presunte violazioni dell’articolo 31 della Carta Sociale Europea, indipendentemente o letto congiuntamente al principio di non discriminazione previsto dall’articolo E.Chiamato a rispondere sul Reclamo Collettivo presentato dall’ERRC, il CEDS, dopo aver esaminato la difesa del Governo Italiano ha deciso:1. unanimemente che l’inadeguatezza dei campi sosta per Rom e Sinti costituisce una violazione dell’articolo 31(1) della Carta, letto congiuntamente all’articolo E2. unanimemente che gli sgomberi forzati e le altre sanzioni ad essi associati costituiscono una violazione dell’articolo 31(2) letto congiuntamente all’articolo E3. unanimemente che la mancanza di soluzioni abitative stabili per Rom e Sinti costituisce una violazione dell’articolo 31(1) e dell’articolo 31(3) della Carta, letti congiuntamente all’articolo E.Tale condanna dovrebbe far riflettere perché l’Italia è l’unico Paese europeo che “concentrato” le popolazioni Rom e Sinte in luoghi definiti e in alcuni casi sorvegliati, così come avveniva in Europa durante il periodo nazi-fascista. Infatti, il nostro Paese è oggi identificato in Europa come “il paese dei campi”, continua a costruire i Campi nomadi.

HABITAT:

Nella ex Jugoslavia non esistevano i cosi detti campi nomadi, o il dover vivere nelle roulot o case mobili, nel loro paese esisteva soltanto l’habitat “case in muratura”, (Vedi foto)


Il popolo dei Rom non era abituato a vivere nei campi nomadi, il popolo dei Rom prima del loro arrivo in Italia, abitavano tutti all’interno di case, cascine, appartamenti ecc, moltissimi Rom preferivano costruirseli da soli, molto spesso autocostruite in muratura, (soprattutto nelle città più grandi come Skopje, Tetovo, Kumanovo, Velezi, Ohrid ecc.) così chè potevano costruirle al loro piacimento e necessità, al sistema di vita, di tradizione e usanza. Fra altri Rom c’erano anche chi preferiva comprarsi la casa già costruita, in un sistema più sbrigativo e semplice, altri che decidevano di andare a vivere in mezzo alla popolazione maggioritaria, comprasi un appartamento, anche se la maggioranza dei Rom, li vedono come persone che hanno cambiato il loro stile di vita, loro sono sempre orgogliosi e contenti di essere nati Rom.

Ci sono varie tipologie di Rom, come i Rom Bosniaci, Kossovari, Serbi, Macedoni e tanti altri.
Per trovare una locazione duratura, concreta e giusta, dobbiamo sempre sottolineare il loro stile di vita e soprattutto il lavoro che svolge ogni singolo individuo, ed e perciò che prima di intraprendere e di decidere qualsiasi iniziativa che riguardi le popolazione Rom, “sia lavorativa che abitativa”, bisogna sempre includere i diretti interessati.
Come i Rom Bosniaci che lavorano, battendo il rame, per svolgere tale attività lavorativa, il loro particolare lavoro, gli da il bisogno di aree adeguate, perchè i regolamenti abitativi dei condomini sicuramente non permette di battere il rame o costruire una pentola o qualsiasi altro lavoro, come in tutti gli appartamenti e per tutti gli inquilini e proibito intraprendere una qualsiasi attività lavorativa.
E’ quindi per continuare a lavorare con il proprio lavoro tradizionale, la maggior parte dei Rom bosniaci preferiscono di abitare e vivere in appositi microarre, attrezzati di tutti i servizi occorrenti, come case in muratura, luce, gas, acqua, servizi igienici, scarichi diretto in fognature ecc.
Anche se il loro lavoro non può permetterlo, vari Rom bosniaci, vorrebbero poter vivere nelle case, nei palazzi, negli appartamenti, come vivevano al loro paese di provenienza, è per svolgere le loro attività avevano dei piccoli negozietti, dove potevano lavorare e vendere le loro mercanzie in assoluta tranquillità.

Nelle loro città d’appartenenza, tutti i Rom erano integrati molto bene, con il loro lavoro potevano comprarsi o costruirsi quasi tutto quello che volevano, erano tutti integrati nella civiltà della maggioranza, avevano la loro abitazione, la sanità, la scolarizzazione dei bambini era regolare, c’erano perfino ragazzi che frequentavano le università ecc. partecipavano alla vita sociale e politica di tutti i giorni, con molta volontà e contentezza, senza essere costretti a fare quello che non volevano, erano molto emancipativi e associativi.


La maggioranza dei Rom in Italia non vuole vivere ne nei campi nomadi e nemmeno nelle microaree, tutti, sia Rom, Macedoni “che in casi verificati alcuni di loro hanno potuto comprarsi la casa, si sa che siano in Toscana, Marche a Veneto, altri vorrebbero le case popolari e altri ancora comperarsi dei appezzamenti di terreni in cui costruirsi le case da soli, ma l’ultimo ancora più diffide sapendo che valore ha oggi il mercato dei terreni edificabili.” Che i Rom Kossovari e Serbi, anche se, i Rom Kossovari hanno vissuto in mezzo a due popoli, “Serbi e Albanesi” di culture molto diverse, nonché nello stile di vita, abitudini, tradizioni e religioni, non diede loro nessuna perdita culturale e tradizionale, perchè tennero fortemente la loro identità culturale Rom.

Il loro habitat migliorerebbe molto se il Governo aiuterebbe alla costruzione, stanziando fondi economici per autocostruire o recuperare edifici abbandonati, molti rom “bosniaci, kossovari macedoni ecc.” sarebbero contenti e pronti a realizzare il loro sogno abitativo.
Ed e perciò che il Governo, per migliorare la vita di tutti i Rom oggi in Italia, par arrivare alla chiusura definitiva dei campi nomadi, debba realizzare al più presto possibile delle microaree per famiglie allargate che le richiedono, la concessione agevolata e prioritaria (per la grave situazione dei Rom oggi in Italia) degli appartamenti a tutte le famiglie Rom che ne fanno richiesta, senza ostacolare e impedire tale decisione d’habitat.

La maggior parte dei Rom, dovettero fuggire dalla propria nazione per colpa della guerra del 1991/2, abbandonando averi e perfino i stessi documenti, e la richiesta all’anagrafe era impossibile, per via delle molteplici bombardamenti che rasero al suolo tutti gli anagrafi.

LAVORO:

Il lavoro dei Rom della ex Jugoslavia si dividono è sono molto variegati, i lavori,i mestieri che svolgono, “Ovviamente sono legati al territorio e in mezzo alle altre popolazioni che vivono”.
Sopratutto Rom della Macedonia che si dividono in etnie e in base a queste, esercitano vari mestieri con quali poi vengono chiamati:

Giambasi - Allevatori di cavalli, ma nei ultimi periodi sono anche commercianti non solo di cavalli, ma anche d’ altri animali come, mucche, pecore agnelli ecc.
Kovac - covano il ferro o pure fanno oggetti di metallo come: asce, pale, zappe ecc.
Conopljaria - Lavorano con smorzi per i cavali, filo, ecc. E' ancora altri come i
Barucii – si dice che molti anni fa, lavoravano con la polvere da sparo, che in Jugoslavia si chiama “Barut.”
Gurbeti – Immigrati che svolgevano vari tipologie lavorative.
Da notare che i Rom in Macedonia sono messi in tre categorie:
Giambasi - Gurbeti e Arlie, con quale hanno unito tutti questi e altri simili gruppi, oggi in Italia tutti i Rom Macedoni sono molto legati.

I loro lavori d’oggi sono tutti lavori semplici, senza nessun tipo di preferenza come:
Operai – facchini – muratori – autisti e le pulizie in generale.
Ma ovviamente tanto dipende dalla preparazione scolastica che hanno acquisito nel loro paese di provenienza e tanti dalla stessa Italia.

In Kosovo e gran parte della Serbia i Rom sono appartenenti alle categorie di etnie:
Gurbeti e Arlie, queste ultime non sono come quelli della Macedonia, ma sono i cosi detti ascalie – matrimoni misti con Rom e Albanesi.
Il lavoro e prevalentemente legato al commercio di tutto. Ovviamente in Italia e uguale paragonabile ai Rom Macedoni.

Bisogna sottolineare la grande diversità di Rom Bosniaci che sono legati la maggior parte ai mestieri di artigianato come:
Pentolai – ramai - stagnari ecc.
In Bosnia li chiamavano: Cergaria, Kajnaria, Meckarja e altri che esercitavano gli stessi lavori, ma andavano a proporli nei piccoli paesini, e che il loro arrivo in Italia negli anni 60 non cambio il loro attuale lavoro, ma nell’ passare degli anni, anche questi mestieri pian piano stanno scomparendo, ci sono ancora pochissimi Rom che vivono ancora con questi lavori tradizionali.

Molti Rom per continuare a lavorare, hanno dovuto con mille sacrifici, problemi e difficoltà, costituire delle piccole attività di Cooperative, sia di trasporto, muratori e altro, compreso la raccolta del materiale ferroso “ferro vecchio”.

Oggi nella ex Jugoslavia e altri Stati successivi costituiti, i Rom hanno fatto un passo da gigante, al contrario dell’Italia i Rom sono riconosciuti come minoranza etnico linguistico culturale, con la salvaguardia di tutti i loro diritti, eguali a tutti gli altri etnie presenti in quei stati. Hanno diritto/dovere di votare e di essere votati, hanno formato partiti propri, molti Rom si sono integrati nei partiti esistenti dei Gagì, nel Parlamento come quello nella Macedonia (3), nella Serbia (2), nella Croazia (...), e molti altri. Altri hanno scelto di laurearsi, il Dottorato presso vari facoltà come:
Filosofia, scienze e politiche, antropologia, Professori nelle media e superiori e università come Trajko Petrovski – che ha fatto la grammatica romani e vocabolario romane, rom - Italiano e rom – macedone, e molti altri che lavorano nei vari sportelli bancari, di posta, comunali e ultimamente con la liberazione di lavoro molti hanno aperto negozi di abbigliamento e alimentari.

Radames Gabrielli



1 commento:

Post-iT ha detto...

Vi posto la ns segnalazione al vs blog.
Ne daremo una brevissima lettura invitando i ns telespettatori a visitarvi.
Cordiali saluti.
Daniel Enrique C.
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QUESTO ARTICOLO è STATO SCELTO PER LA PUNTATA DI POST-IT DEL 30 LUGLIO.. in diretta alle 19 su c6.tv (la registrazione la troverete poi su c6postit.blogspot )

Grazie per l'interessante articolo.

Chiunque voglia segnalare un post letto o scritto troverà nel nostro blog (c6postit.blogspot.com) un ottimo strumento per amplificare le proprie idee.
Aspettiamo tuoi appunti e segnalazioni su altri articoli interessanti.!
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